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Biblioforum


Rossana Miranda – Luca Mastrantoni, Hugo Chavez. Il caudillo pop, Marsilio 2007

  • Rossana Miranda – Luca Mastrantoni, Hugo Chavez. Il caudillo pop, Marsilio 2007

    Hugo Chavez, attuale presidente del Venezuela, è certo uno dei leader politici più famosi del mondo. Guardato con favore ed entusiasmo dalla sinistra radicale, con disapprovazione e perplessità dai moderati centristi e con avversione dai liberali, riscuote tanto successo in Italia da avere negli ultimi anni ben sei libri a lui dedicati. A questi va aggiunto il presente testo, proposto da due giovani autori, che si differenziano da diversi altri contributi per una posizione piuttosto critica sull'argomento(1) e per un insistito interesse per la dimensione mediatica del fenomeno.
    Dopo la prefazione di Gian Antonio Stella e una breve introduzione il testo si compone di nove capitoli. Il primo cerca di afferrare l'essenza di Chavez come fenomeno politico-mediatico; seguono i tre successivi che illustrano le varie posizioni di estimatori e critici su di lui. Le sezioni successive ricostruiscono la biografia dell'uomo politico e ne delineano il profilo politico, la famosa “Rivoluzione bolivariana” (che trae il suo nome da una delle principali figure storiche dell'America latina, Simon Bolivar). Chiude il testo un capitolo singolarmente eterogeneo, spaziando dalle “bufale antichaviste” (le argomentazioni rivelatesi fasulle da parte degli oppositori del presidente) alla vita personale di Hugo (con passi il cui livello, in verità, da quello biografico tende a scivolare nel pettegolezzo).
    Il fulcro del testo, a differenza di vari altri contributi in merito, consiste nella concentrazione sul “fenomeno Chavez” come personaggio, come figura mediatico-spettacolare piuttosto che politica in senso tradizionale. Verso di questo troviamo una convergenza delle due parti del testo, la panoramica delle opinioni su di lui(2) (come sommatoria della sua ricaduta mediatica) e la ricostruzione del suo percorso biografico-politico. Va detto che uno degli autori è collaboratore del quotidiano “Il riformista” per la sezione dedicata a spettacoli e cultura, e da ciò si può desumere tale interesse per la dimensione mediatico-spettacolare del fenomeno (fino ad un parallelismo con Berlusconi per l'attitudine istrionica e l'importanza delle televisioni nella carriera politica).
    E' forse questa la ragione di una curiosa inversione della successione logica corrente, posponendo i fatti (pp 109-226) rispetto alle varie interpretazioni di essi (capitoli pp. 25-108); scelta questa che pare definire la chiave di lettura del testo: Chavez non esercita il dominio sul Venezuela in forme di coercizione fisica, ma una sorta di egemonia postdemocratica massicciamente fondata sui media, che fungono da cassa di risonanza per il suo populismo socialisteggiante (forti benefici sociali grazie al petrolio), tanto efficacemente da imporre tale immagine fuori dai confini nazionali. Un “caudillo pop”, appunto, come recita il sottotitolo. La dimensione spettacolare-mediatica diviene quindi un elemento intrinseco di tale fenomeno politico (gli autori non usano volentieri la locuzione “rivoluzione bolivariana” tanto usata dal presidente) non solo per la sua proiezione all'esterno ma come suo fondamento in patria.
    Tale centralità nella lettura dei due autori definisce la ricchezza e il limite del testo. Nella sua prefazione Stella dice che “attraverso Chavez [...] possiamo capire meglio anche noi stessi”, ma il rischio è di glissare sulla specificità della realtà venezuelana e sudamericana in generale, cogliendone solo la percezione esterna decontestualizzata; di capire più la percezione stessa che il suo oggetto. Un'analisi il cui fondamento trova senza dubbio giustificazione nell'interesse suscitato dalla “rivoluzione bolivariana” nella sinistra europea ed italiana – fino ad una mobilitazione che vede tale processo come modello politico -  ma che rischia di dare eccessivo peso alle consuete polemiche italiane, facendo colare a forza gli eventi in schemi interpretativi inadeguati per una realtà così differente (3).
    Molto interessante e davvero singolare – ma in fondo corrispondente al precedente rilievo – è l'uso della categoria di “realismo magico” per il “fenomeno Chavez”, che rispunta a tratti senza pesantezza argomentativa. Potrebbe essere lo spunto più fecondo del testo, capace di ricalcare tratti originali della psiche latinoamericana e della sostanza di un personalismo dai tratti messianici. Ma che sconta anch'esso il duplice limite sopra accennato – di essere da un lato un'etichetta più capace di cogliere una percezione esterna che la realtà vitale di un fenomeno (quale può essere una categorie critica inventata per l'arte tedesca degli anni Venti e usata per la letteratura latinoamericana dei Cinquanta[4]); dall'alto di sopravvalutare la “magia” mediatica di Hugo Chavez – tinta di accenti esotici ed istrionici – per trascurarne il fondamento dei processi storici che lo rende possibile (l'esclusione sociale, la mancanza di alternative politiche, ecc.) concretizzatisi nell'attivismo di vaste fasce di ceti sociali oggi mobilitati a favore del presidente, ma potenzialmente in grado di un'autonomia politica indipendente da lui.


    Un articolo di Gennaro Carotenuto, sostenitore della rivoluzione bolivariana.

    Le critiche al governo del Venezuela di Human Rights Watch

    "Giù le mani dal Venezuela", la campagna di sostegno a Chavez, non gradisce il testo: un articolo.

    Note

    1.  Tale impostazione non è molto esplicita, ma è desumibile da una analisi ravvicinata del testo (si veda la nota seguente), avvertibile con un grado diverso nelle varie parti, nonostante il proposito di “raccontare senza pregiudizi il fenomeno Chavez al pubblico italiano” (p. 20). Solitamente chi scrive su Chavez possiede un interesse specifico per i risvolti politici da lui proposti, in chiave di modello politico o di semplice argine al conservatorismo statunitense tanto nell'economia che in politica, il che porta a darne un'immagine globalmente positiva.

    2. La rassegna delle opinioni riguarda principamente gli opinionisti più influenti nel panorama dell'Italia e dei paesi sudamericani. Sfilano le opinioni di Garcia Marquez, Vargas Llosa, Hobsbawm, Thomas Friedman, Carlos Fuentes, Roberto Bolano, Eduardo Galeano, Toni Negri, Tariq Ali, Josè Saramago, Gore Vidal, Ian Buruma, gianni Vattimo, Gianni Minà, Berlusconi, D'alema, Bertinotti, e molti altri. L'ecumenicità della scelta fra sostenitori e oppositori non impedisce all'autore di far trapelare il proprio pensiero, apponendo qualche glossa di commento critico agli estimatori, mentre i rilievi dei detrattori sono raramente commentati. Il sostegno positivo di Vattimo viene corretto rilevando (p. 94) ironicamente che “qualche svista è necessaria quando non bastano i giochi di parole (sic)”. Quando invece Buruma accosta Chavez a Saddam Hussein, Ahmadinejad e Kim Jong Il “questi uomini forti che opprimono e uccidono i propri critici” (p. 73), non vi è commento alcuno. D'altra parte Bolanos e altri oppositori sono “scettici” nella titolazione del paragrafo (p. 56); Ali, Ramonet e Negri sono “Chierici” (59), o addirittura “la claque” (p. 93).

    3.  La tentazione tipicamente eurocentrica di applicare categorie proprie della storia dei movimenti politici (europei) alle realtà culturalmente più distanti emerge nel disinvolto uso di un testo di Umberto Eco sul “fascismo eterno” come chiave interpretativa di Chavez nel saggio di M. Caballero (Limes maggio 2006), qui abbondantemente citato. Il diritto appare essere un fondamento più stabile per una chiara intellezione dei mutamenti politico-istituzionali.

    4. Il termine appare nell'opera del critico tedesco Franz Roh del 1925 Dopo l'espressionismo. Negli anni '50-60 venne usato dalla critica letteraria a proposito della narrativa di Borges, Garcia Marquez e altri autori. Il conctto, peraltro subisce una radicale trasformazione, passando dall'indicare un iperrealismo tale da suscitare un senso psicologico di irrealtà, alla comparsa di temi fantastici o sovrannaturali.
     

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